Viaggio di ritorno alle origini. La due giorni di Alfero vuole celebrare il rapporto millenario tra l’Asino Romagnolo e la sua piccola patria, tra il Monte Fumaiolo e il Passo del Verghereto.

Alfero 10-11 agosto 2013 

Alfero. Il ponte romano.

Alfero. La cascata.

 

 

 

Qualche sofisticato dirà pure che sono luoghi comuni.
Ma se provate ad accennare (per dire …) “tartufo bianco” a un vacanziere italiano in Francia avrete, quale immediata specificazione: “… di Alba”. Ed una trattazione stile Treccani. 

Così pure se, all’opposto, direte “San Daniele”: otterrete con prontezza il riferimento al celebrato prosciutto, e vi verrà anche precisato che si tratta di quello inconfondibile, con lo zampetto “integrale”.
Stessa cosa se, in Romagna, dite formaggio di fossa: non c’è anima che non dica, in automatico, Sogliano al Rubicone.

 

 

 

E’ l’Italia, la nostra Italia, tanto ricca di bellezze naturali e di arte,  quanto di cibi deliziosi, eppure tanto in difficoltà a valorizzarsi in pieno come  potrebbe e dovrebbe.
Ma tanti altri, una miriade, sono i prodotti territoriali meno noti e le vicende umane ad essi collegati, ma altrettanto suggestive, come quella del vino Burson di Bagnacavallo, vitigno scoperto nella propria vigna vecchia da tal Longanesi, uno della famiglia “Burson” (appunto) e valorizzato, una sera, nel bar, con gli amici.
O dello Scalogno di Romagna, importato dal Medio Oriente forse 6000 anni fa, e che, da allora, è sempre uguale a se stesso, perché si riproduce per talea e non per seme.
O della Mora Romagnola, dalle carni sapide ed inconfondibili.
O del cane Lagotto, dal fiuto prodigioso.
Eppure anche questi ultimi, in tempi recenti e diversi, hanno avuto qualche ribalta, che li ha fatti assurgere all’onor del mondo e conoscere al grande pubblico, specie nella contemporaneità, in cui la ricerca del cibo legato al territorio è divenuta una tendenza, la cucina una ricerca e una sperimentazione, le specie animali autoctone un oggetto di studio per le scuole, attraverso la rete delle Fattorie Didattiche.

Non è ancora così per l’Asino Romagnolo.

La sua esistenza è nota solo ad una limitata cerchia di addetti ai lavori.
I motivi sono tanti.
Il primo è che l’immagine dell’asino è associata, in automatico, alla Sicilia ed alla Sardegna, o, al limite, alla punta e al tacco dello “Stivale”.

Se dici “Asino” gli Italiani pensano subito al piccolo Sardo (detto spesso “sardignolo”) o al Martina Franca che per cent’anni e passa ha prodotto i muli per gli Alpini. Oppure al Ragusano, che, agghindato con pennacchi e lustrini, traina il carretto siciliano, dalle ruote alte, nelle sagre di paese.
Invece, nell’immaginario collettivo, l’asino e l’Emilia-Romagna, proprio “non c’azzeccano”.

E sono ancora pochi quelli che sanno che esiste questa antichissima razza autoctona della Romagna, che ha rischiato l’estinzione, prima, con la tragedia della Seconda Guerra Mondiale, quando gli animali furono decimati dall’esercito tedesco in ritirata dalla Linea Gotica.
E che, successivamente, sembrò ricevere il colpo di grazia definitivo in conseguenza del boom economico degli anni sessanta e la conseguente meccanizzazione della agricoltura nelle campagne e nelle montagne.
E che, infine, fu tratta in salvo, in “zona Cesarini”, attraverso un lavoro meticoloso di ricerca, condotto dalla Regione Emilia-Romagna insieme alle APA.
Eppure si tratta di una razza “storica”, descritta da cento e più anni nei Trattati di Zootecnia, per di più con sembianze morfologiche del tutto originali, inconfondibili.
E, in più, con una caratteristica originale e unica tra le specie asinine italiane: quella di saper percorrere, al trotto, lunghe distanze, attaccato a un rotabile leggero.
Dunque un animale polivalente: vocato al basto in montagna, al biroccio in campagna, al calesse per le polverose strade della bassa.
Forse arriverà anche per noi, e per i nostri asini, il momento tanto atteso per “uscire dal guscio” e per presentarci al grande pubblico.

La due giorni di ALFERO (FC), Sabato 10 e Domenica 11 Agosto, potrebbe proprio costituire una prima occasione in questo senso.

Saranno molti e densi gli eventi tra loro collegati.
Si inizierà il pomeriggio di SABATO 10 AGOSTO 2013, con un Convegno Scientifico,(01_depliant 3 ante) che avrà per titolo:

“L’Asino tra memoria e modernità.

Difendere le popolazioni asinine italiane e la loro biodiversità, attraverso la concreta promozione dell’impiego attuale e futuro.
Il processo di qualificazione dell’Asino Romagnolo autoctono, a far capo dal 21 Giugno 2005, data del nuovo riconoscimento a razza a limitata diffusione. Il punto in cui siamo giunti.”

Il Convegno sarà caratterizzato da una prima parte, di taglio più generale e strategico, “sull’utilizzo moderno” dell’asino. Molto autorevoli i moderatori e i relatori, con competenze estese su tutte le tematiche attuali.

La seconda parte verterà su tematiche di tipo zootecnico/allevatoriale (genetica; morfologia e disciplinare della razza; rischi di consanguineità ecc.) specificamente relative al Romagnolo.

La mattina di Domenica 11 Agosto, andrà in scena la manifestazione zootecnica Rassegna Morfologica dei Soggetti di Razza Asino Romagnolo iscritti al Registro Anagrafico delle Razze/Popolazioni a diffusione locale, ( 03_vol festa palio 50anni retro ) a cura della Associazione Regionale Allevatori della Emilia-Romagna. 

Infine, la domenica pomeriggio si svolgerà il Palio dei Somari di Alfero02_vol festa palio 50anni fronte ), manifestazione folklorico goliardica giunta quest’anno alla 50° Edizione (approfondimenti sulla storia del palio).
Ecco spiegato il motivo di tutto questo affaccendarsi per organizzare un Convegno che porterà ad Alfero, in questa data certamente “inusuale”, tanti studiosi da tutt’Italia. Dipende da un anniversario da celebrare, per così dire, in “pompa magna” (come ci hanno chiesto alcuni allevatori di Alfero, soci fondatori dell’As.I.R.A.R.A). Ricomprendere il Convegno Scientifico nel fine settimana in cui si svolge il Palio serve anche per sottolineare la storia millenaria che lega Alfero all’Asino Romagnolo e viceversa.
Questo 50° Anniversario, in più, si tinge persino di dolce romanticismo, perché cade quando è oramai tramontato il pericolo dell’estinzione della razza.
E’ stato infatti superato il traguardo dei 500 capi, iscritti al Registro.
Ma anche il luogo, così straordinariamente decentrato e anomalo, non è per nulla un caso.
Il fatto è che se la Provincia di Forlì è indicata come il luogo in cui l’Asino Romagnolo è autoctono, entro di essa Alfero è la patria dell’Asino Romagnolo, “la piccola Itaca” nella quale fu tratto in salvo da un pugno di uomini, quando la meccanizzazione generalizzata delle campagne e delle montagne lo portò sull’orlo della dissoluzione.
Le due famiglie, è noto, sono quelle di “Lucio” e di “Bigio”, al secolo Luciano Bernabini di Alfero ed Ezio Bigiarini di Bagno di Romagna.
Se oggi celebriamo la rinascita del Romagnolo lo dobbiamo anche a loro e alle loro famiglie.

Alfero, 1976. Giuseppe Bigiarini, padre di Ezio, con l'asina di famiglia

Valsenio 2011. Ezio Bigiarini riceve il premio per la qualità dei soggetti presentati.

Alfero, 1963 circa. Luciano Bernabini, il bambino più piccolo, con il padre e il fratello maggiore

Alfero, 1964 circa. Luciano Bernabini con la sorella e un vitellino.

Valsenio 2011. Luciano Bernabini e Carolina sono premiati da Gerado Salza.

 

A Quattrocchi (Prima Parte)

A Quattrocchi (Seconda Parte)

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